L’invecchiamento: un processo complesso e multifattoriale
Che gli esseri viventi siano destinati ad invecchiare è un fatto noto a tutti, mentre non sono state ancora completamente chiarite le cause specifiche alla base di questo fenomeno. Le ricerche degli ultimi anni si sono focalizzate in particolare, sul ruolo giocato da fattori “endogeni”, cioè presenti nell’individuo, per capire come e se è possibile rallentare l’invecchiamento delle cellule.
Già nell’800, il biologo tedesco Weismann, padre di una grande teoria sull’evoluzione, ipotizzò che la stessa attività cellulare “normale” potesse essere dannosa per l’organismo e quindi alla base del suo invecchiamento. A oggi, sono state formulate diverse teorie per spiegare come i fattori endogeni influenzino il processo di invecchiamento.
Secondo la teoria genica, i geni che compongono il nostro DNA racchiudono in sè alcune caratteristiche che predispongono verso la longevità. Studi sui centenari hanno permesso infatti di identificare alcuni geni promotori della longevità, posti in specifiche posizioni del cromosoma. Questo porta a ipotizzare che, a parità di condizioni ambientali e socio-economiche, l’influenza maggiore sulla longevità sia proprio a carico dei fattori genetici.
Secondo invece la controversa teoria evoluzionistica, formulata per la prima volta negli anni ’40, l’invecchiamento sarebbe dovuto a una riduzione delle capacità di selezione naturale. Dato che l’evoluzione tende a ottimizzare le capacità riproduttive di una specie, sarebbe l’evoluzione stessa a favorire l’invecchiamento via via che il potenziale riproduttivo dell’individuo si riduce, con il fine di aumentare la fertilità di una specie.
Alla fine degli anni ’50 sono state formulate due teorie ancora oggi accreditate: la teoria dei radicali liberi e quella della senescenza cellulare. Secondo la prima, lo stress ossidativo sarebbe alla base dell’invecchiamento. Durante le reazioni di ossidazione che avvengono fisiologicamente nell’organismo, vengono prodotte delle sostanze molto reattive, i radicali liberi, in grado di danneggiare le cellule e anche il DNA. Se viene alterato l’equilibrio tra la produzione e l’eliminazione di queste sostanze (stress ossidativo) i radicali liberi si accumulano causando danni cellulari sempre maggiori che inducono l’invecchiamento e la morte cellulare.
La teoria della senescenza cellulare sostiene invece che la capacità di replicarsi delle cellule umane è limitata. Con il passare del tempo i tessuti si rigenerano e riparano meno efficacemente e quindi invecchiano.
Secondo la teoria neuroendocrina l'invecchiamento è la conseguenza della perdita dell'equilibrio nervoso ed ormonale (neuroendocrino-senescenza). Lo squilibrio ormonale che ne consegue sia a livello centrale sia inerente i rapporti tra i vari ormoni (ad esempio estrogeno e progesterone nella donna, estrogeno e testosterone, DHEA e cortisolo in entrambi i sessi), sarebbe alla base dell'aging e di molte patologie ad esso correlate.
La teoria immunitaria ipotizza invece che l’invecchiamento sarebbe sostenuto da uno squilibrio del sistema immunitario (immuno-senescenza) favorente da un lato una minore efficacia delle difese immunitarie - con un aumento del rischio di infezioni e neoplasie -, e dall’altro una tendenza verso infiammazioni croniche a basso grado di intensità che sono causa di molte patologie aging correlate (demenza, sarcopenia, patologie cardiovascolari, cancro etc) e verso patologie autoimmuni.
Infine la teoria del doppio agente ha unificato di recente più teorie ipotizzando che le malattie età-correlate siano il prezzo che dobbiamo pagare per tenere sotto controllo il rapporto tra eliminazione dei radicali liberi ed espressione genetica.
In conclusione, quello che possiamo dire con certezza è che l’invecchiamento è un processo multifattoriale molto complesso e che ognuna di queste teorie ha un fondamento di verità e che per studiare una strategia per rallentarne o contrastare il processo bisogna agire contemporaneamente su più fronti.