Invecchiamento e stili di vita
Intervista al prof. Francesco Marotta, professore presso il Dipartimento di nutrizione umana dell’Università del Texas (USA)
Può la medicina fermare il tempo?
Non ho le competenze per affrontare temi così profondi e filosofici ma credo che bisogni distinguere tra l’immortalità che attiene a visioni religiose e la “amortalità”. Una tentazione vecchia quanto l’uomo che trova in Dorian Gray la sua massima espressione letteraria e che diviene però fenomeno sociale quando la generazione dei baby boomers si trasforma in esercito di “amortali”. L’umanità desidera da sempre infatti l’eterna giovinezza. L’amortalità va molto oltre il semplice desiderio di contrastare l’invecchiamento o la tecnologia che promette di aiutarci a farlo. Il desiderio di vivere come se l’età non contasse è una forza che sta rimodellando le nostre vite dal profondo. Ma, al di là di queste considerazioni, la “mortalità” delle nostre cellule è legata a una serie di fenomeni biologici fondamentali potendo agire sui quali, in via teorica si può perfino ipotizzare di allungare la vita quasi indefinitamente. Uno scienziato un po’ visionario e anticonvenzionale di Cambridge, il dott. Aubrey DeGrey, provocatoriamente propone un modello teorico di intervento sui fenomeni fondamentali cellulari per cui la vita umana potrebbe essere allungata fino a oltre 2500 anni! Aspre e polemiche sono le critiche che alcuni scienziati gli rivolgono spesso nei congressi. Tuttavia, lui ha istituito un premio per chi dimostri che le sue ipotesi teoriche di intervento siano irrealizzabili e fino a ora nessuno ha vinto questo premio!
E' possibile invecchiare lentamente?
La domanda che una volta sembrava quasi filosofica è se l’invecchiamento esiste di per sé o sia secondario a malattie croniche che andiamo accumulando negli anni. La seconda ipotesi, quasi senza speranze, sembra sempre più appartenere alla vecchia concezione della geriatria, per cui la patologia cronica è ineluttabile e porta “a invecchiare”. Le ricerche più recenti e lo studio delle varie popolazioni di centenari suggeriscono che sia possibile un invecchiamento “sano”. Ne risulta quindi che ogni sforzo per prevenire o solo ritardare le patologie cronico-degenerative sarebbe “da solo” in grado di rallentare sicuramente l’invecchiamento “precoce” secondario a patologie. Ma il fascino che la interessante domanda stimola è se l’invecchiamento “intrinseco” cellulare possa essere rallentato. Questo è in effetti possibile sperimentalmente in modelli cellulari, ma se lo sia anche nell’uomo è tutt’ora oggetto di studio.
Come influisce lo stile di vita sulla salute ed il nostro image?
Il nostro assetto genetico è alla base di circa il 30%-40% delle nostre patologie. In realtà i nostri stili di vita comportamentali e alimentari giustificano il fondamentale restante 60-70%. Questo significa che noi possiamo modificare non la struttura dei nostri geni ma la loro “espressione”, ossia il modo in cui essi esercitano le loro funzioni. E’ quello che si chiama “epigenetica”. I nostri stili di vita: come dormiamo, cosa e quanto mangiamo, ecc. hanno questo importante potere che può giocare un ruolo positivo, attivando geni “buoni” o spegnendo geni “di rischio”, ma può anche agire in modo contrario. E’ questa l’enorme sfida del terzo millennio che vede una parte del mondo ancora nella povertà e scarsità di risorse, ma una parte ricca di risorse spesso mal indirizzate e che generano patologie cronico-degenerative devastanti.
Cosa sono i supplementi di dieta? Come selezionarli? Funzionano?
Bisogna innanzitutto ricordare che dobbiamo sempre cercare di avere una alimentazione, preferibilmente organica, che rispetti i ritmi della natura e quindi ricca di tutti quegli oligoelementi e vitamine dei quali invece l’alimentazione di massa, da supermercato, a volte, potrebbe essere carente. Tuttavia, sia per compensare le sottili carenze, sia per incrementare la concentrazione di alcuni elementi nutritivi, deve anche essere utilizzato il supplemento ragionato di integratori. Gli americani hanno coniato il termine “nutraceutico” per intendere quegli alimenti o parte di alimenti che, al di là di specifiche carenze, abbiano un ruolo protettivo e di miglioramento della salute. In questo tipo di interventi dobbiamo quindi vedere il ruolo “epigenetico” della integrazione alimentare. Il campo purtroppo soffre di grandi spinte commerciali, ma di pochi studi scientifici e quindi bisogna affidarsi esclusivamente a quegli integratori che siano stati “provati sul campo” con studi controllati e risultati pubblicati. A volte una valida formula, per esempio antiossidante, attiva in vitro, cioè in laboratorio su modelli cellulari risulta inefficace in vivo, cioè in modelli sperimentali animali o nell’uomo, per scarso assorbimento o per dosaggi inadeguati. In questo campo, per esempio, recenti formulazioni di modulatori dell’equilibrio di ossidazione e riduzione sia in forma sublinguale sia in gocce attivamente veicolate a livello gastrointestinale hanno dimostrato anche nell’uomo l’importante ruolo non solo “antiossidante”, ma soprattutto di ottimizzazione mitocondriale (il motore della cellula) senza l’inconveniente di una maggiore “spesa” di consumo di ossigeno e quindi di generazione di radicali liberi.
Catania, Tokyo, Milano, Chicago, Città del Capo...a quali esperienze professionali è giunto girando il mondo e vivendo culture così diverse?
Più che elencare le specifiche esperienze, per le quali ognuno di noi ha il proprio bagaglio culturale, direi che la curiosità mi ha portato a fare scelte sempre di campi nuovi e nuovi ambiti lavorativi senza calcolare mai le difficoltà che avrei potuto affrontare. Per citare un aneddoto personale, arrivato a Chicago, appena laureato, ho perso il marsupio con tutti i miei soldi in aeroporto e, non volendo dirlo ai miei genitori che due mesi dopo mi avrebbero inviato una seconda parte di denaro, ho dormito per tutto quel tempo su uno scomodo divanetto in laboratorio, razionando i pochi denari che avevo in tasca e guadagnando qualcosa offrendomi come cavia in alcune sperimentazioni cliniche. Tornando, però, alla sua domanda, esistono certamente conoscenze di base universali ovunque si vada, ma ogni cultura offre spunti di lavoro, idee, riflessioni dette ma non scritte, integrazioni tra scienze varie che rendono ogni esperienza unica e specifica di arricchimento culturale personale.
Gastroenterologia, biotecnologia, biogerontologia, anti-ageing – qual è il comune denominatore?
Credo che il comune denominatore sia la ricerca di arrivare ai meccanismi fondamentali delle funzioni cellulari, le sue regolazioni e potenziali modalità di intervento ripartivo-rigenerativo. Credo che tutto abbia sempre “una spiegazione più profonda” di quello che pensiamo.
Essere occupato è il suo modo per combattere il passare del tempo?
Essere occupati per tutti noi è fonte di senso per la nostra vita soprattutto se ciò che si fa piace e soddisfa mentalmente. Questo rappresenta anche un’utile carica di “endorfine”. Se, tuttavia, un’elevata attività mentale ha sicuri benefici sull’invecchiamento cerebrale, bisogna anche considerare che il nostro organismo ha ritmi metabolici e ormonali che andrebbero rispettati e che provengono dai ritmi della natura che ha adattato nel corso di milioni di anni la genetica dell’uomo. Quindi l’iperlavoro, l’alterazione del ciclo sonno-veglia o la gestione non ottimale dello stress possono risultare dannosi se prolungati nel tempo. Personalmente, sto cercando di prestare maggiore attenzione a questi fattori che io stesso spesso non seguo. I risultati di un recente studio finlandese dimostrano che svolgere un’attività lavorativa per oltre 55 ore a settimana è associato all’ aumento del rischio di malattie cardiovascolari e neurodegenerative. Dovremmo forse rivalutare almeno un poco dell’ozio degli antichi romani.
Che futuro vede per l'essere umano nell'approccio al proprio corpo?
Nonostante le premesse, temo che esistano ancora troppi interessi economici perché cambi molto a livello istituzionale. Una rivoluzione positiva sul concetto di salute dovrebbe partire dalla famiglia, dalla scuola primaria, dall’università, dal mondo del lavoro, dalla cultura mediatica, ecc. Personalmente, credo che esistano troppe lobby e troppe vecchie gerarchie istituzionali. Vedo però che va costantemente crescendo la consapevolezza delle persone che cominciano a prendersi cura del proprio corpo autonomamente o della propria alimentazione così come facevano da anni nella scelta per esempio della scuola per i propri figli o della semplice autovettura. Le persone stanno diventando sempre più “soggetti attivi” nei confronti della salute. Su questo ovviamente possono interferire ulteriori interessi economici senza un vero garante, ma personalmente credo che questo atteggiamento contribuirà a selezionare e indirizzare i diversi “providers”, quindi educazione, prodotti e servizi. Lo stesso mondo dell’estetica, dopo un boom degli anni passati, basato solo sul “bell’essere”, sta comprendendo che non può fare a meno del “benessere”. A tal riguardo, non posso che fare i miei complimenti al dott. Andrzey Ignachiuk che, con la sua scuola-accademia di medicina estetica sta lavorando con grande impegno per espanderne i confini alla “medicina del benessere basata sulla evidenza scientifica”. Un esempio che dovrebbe trovare un seguito nei corsi universitari.
Mens sana in corpore sano e viceversa - allora?
Non c‘è alcun dubbio. Anche in questo caso dobbiamo riflettere sulla genetica plasmata da milioni di anni nel nostro corpo. Geneticamente rimaniamo sempre dei “cacciatori-raccoglitori” e questo bagaglio genetico quindi prevede una costante attività fisica che purtroppo nella nostra società viene spesso dimenticata. I benefici metabolici della attività fisica sono innumerevoli perché i nostri muscoli, opportunamente stimolati, inviano messaggi ormonali al nostro cervello, il quale a sua volta stimola la produzione di ormoni anabolici del nostro metabolismo e del nostro umore. Mens sana in corpore sano: un’unità inscindibile.
Quali consigli - regole basilari potrebbe indicare a chi e interessato all’Anti-Ageing - in generale e nel dettaglio?
Non è facile fare una sintesi ma direi: in primis bisogna “conoscersi” attraverso una dettagliata anamnesi familiare e personale, analizzare la composizione corporea e il potenziale di membrana, conoscere lo status dei principali polimorfismi genetici, dei principali markers biochimici di invecchiamento, fare attività fisica, attuare un controllo quali-quantitativo delle calorie introdotte con cibi organici a elevato valore biologico, regolare la detossificazione intestinale ed epatica, controllare il bilanciamento ormonale, valutare l’integrazione nutraceutica e con alimenti funzionali e prestare attenzione alla gestione dello stress.